Coucou

Un cortometraggio presentato nella rassegna “Made in Qatar” dal Doha Film Institute.
Samira è un’anziana signora che trascorre le sue giornate tra le mura domestiche e la cui unica compagnia è un pesce rosso di nome Coucou. Nella mente della donna il pesce assume forma umana e questo disturbo la rende completamente isolata dal mondo esterno, causando un’evidente incapacità relazionale.  Quando, per un inconveniente, entrerà in contatto con la sua vicina riuscirà finalmente a liberarsi dalla sua ossessione.

Il corto ruota intorno al tema della demenza senile aggravata dalla completa solitudine. Il genere è introspettivo-psicologico, a tratti drammatico. Poiché le immagini del corto sono focalizzate principalmente sulle azioni, i dialoghi presenti sono scarni ed essenziali. Tuttavia non domina il silenzio: i suoni sono naturali e si riesce a percepire un senso di tensione nonostante l’assenza di musica. Contribuiscono a creare un’atmosfera di inquietudine le inquadrature fisse e l’ambiente circostante, ovvero quello esclusivamente domestico, che diventa a tratti claustrofobico. Proprio perché la vicenda si svolge all’interno delle quattro mura i movimenti della macchina da presa sono statici e il montaggio è costituito da scene slegate tra loro.
L’interpretazione degli attori è buona, in particolar modo quella della protagonista, che riesce a trasmettere pienamente il suo stato d’animo anche senza interagire con altri personaggi. La scenografia dà risalto agli elementi di scena: all’interno di un ambiente normale vengono presentati oggetti comuni ma utilizzati in maniera insolita, il che accentua il loro ruolo fondamentale nella storia. Il colore dominante è il bianco, a cui viene dato risalto tramite la luce artificiale. Pur in un quadro di inquietudine, pena e solitudine, grazie alla figura della vicina viene trasmesso il valore della solidarietà nei confronti delle persone bisognose di un contatto umano. Infatti Samira è una donna fragile e sola che si ritrova a umanizzare un essere vivente che uomo non è, ma ritrova la consapevolezza di cosa significhi essere umani grazie alla giovane donna che si trova molto più vicina di quanto non sia nella testa di Samira.
Il corto si conclude su una nota positiva: il finale è aperto e lascia sperare che Samira d’ora in poi sarà in grado di ricominciare a vivere

Letizia Muratore

Anna Maria Serra

GIFFONI FILM FESTIVAL 2015

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